L’esperienza del Congresso di Sorrento è stata assai positiva grazie alla bella sintonia del nostro gruppo. I lavori congressuali sono stati impegnativi; i temi erano molti e vari, e l’interesse di alcune tematiche specifiche si è andato addensando con l’andare dei giorni, rendendo spesso difficile la scelta tra i vari contributi da seguire.
Un aspetto molto positivo è stato il buon esito delle tre comunicazioni orali presentate dalla nostra Associazione, due riguardanti il progetto “Insieme nella perdita” e una l’attività di Musicoterapia portata avanti nell’Hospice di Casalpusterlengo. Nell’ambito del panorama delle Cure Palliative e in merito al tema della formazione nelle scuole stiamo muovendo i passi giusti per portare aventi anche un discorso di tipo culturale nel nostro territorio, e questa convinzione ci deriva dalle conferme che abbiamo avuto dal confronto con altre realtà e senza contare la possibilità di cogliere spunti di riflessione e innovazione dall’esperienza altrui, nella speranza di aver anche noi contribuito all’arricchimento altrui.
Ho trovato molto significativa la riflessione del Prof. Natoli, per recuperare il senso di quello che facciamo quotidianamente nel servizio ai sofferenti. Relativamente al tema dell’assistenza domiciliare, è emersa con chiarezza la delicatezza della questione, circa il delicato equilibrio tra utilità del sevizio erogato, qualità della prestazione, costi e appropriatezza degli interventi. Tutto ciò non può essere disgiunto dal desiderio (che non deve rimanere soltanto tale) di offrire non solo una prestazione professionalmente efficiente e qualificata, ma anche caratterizzata da umanità, ascolto, comprensione e vicinanza.
Il mondo del no profit è una ricchezza per l’ambito delle Cure Palliative, per l’integrazione che offre relativamente ai servizi offerti dagli enti preposti. Sono molto belli gli esempi di alcune grandi realtà. Una tra tutte VIDAS, che ha promosso numerosi incontri su questo aspetto cruciale nel mondo delle associazioni di cui anche noi siamo parte integrante nel nostro territorio.
“Volontari preparati come operatori e operatori disponibili come volontari, nell’assoluta chiarezza dei reciproci ruoli”. Questa è, mi sembra, la chiave di volta per un lavoro sempre più di qualità nelle cure per la vita di chi soffre. Da ultimo, una consapevolezza. Sebbene molti passi siano stati fatti, permane una conoscenza non del tutto chiara di cosa siano le Cure Palliative in Italia. Questo fatto ci impone una riflessione riguardo al tema della formazione e della comunicazione.
Roberto Franchi, presidente dell’Associazione “Il Samaritano ONLUS”
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Torno a casa da questo Congresso con una convinzione sempre più radicata: in un certo senso la miglior cura palliativa sono i volontari. Tale consapevolezza deve sempre richiamarci all’appropriatezza del nostro ruolo. La persona malata non deve mai accondiscendere al volontario, perché è il volontario a doversi calibrare alle esigenze di chi soffre, e questo è spesso difficile.
Infonde inoltre molta fiducia il fatto che le giovani generazioni mostrino di avere un sguardo molto pulito sulle Cure Palliative, senza preclusioni o pregiudizi e vecchi luoghi comuni.
Permane la fatica da parte dei volontari (anche delle realtà più grandi e ben avviate) a farsi prossimi ai malati nel domicilio. Questo è un aspetto su cui riflettere, anche circa il nostro rapporto con il territorio.
Molto belli gli spunti della riflessione di Salvatore Natoli sul dolore, i cui contenuti meritano di essere ripresi e condivisi con tutta l’Associazione.
Sergio Bernazzani, psicologo e responsabile della formazione dei volontari
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Per me è sempre una bella esperienza partecipare al Congresso Nazionale della S.I.C.P.: trovo sempre spunti interessanti e torno con la voglia di realizzarli.
Quest’anno ho concentrato la mia attenzione andando a studiare le attività e le proposte delle altre Associazioni e ho frequentato gli incontri dello spazio collettivo della FED.CP.
Segnalo in particolare un incontro molto interessante promosso da Antea di Roma sul fund raising. Dopo una premessa generale sull’importanza che riveste oggi il fund raising o la raccolta fondi, attività nata per supportare le Associazioni senza fini di lucro nel perseguimento dei loro scopi statutari, sono stati dapprima analizzati i principi base necessari per definire le diverse macroaree di cui si compone il settore del no profit, è stato poi evidenziato come il fund raising sanitario in Italia si concentri solo sulla raccolta del 5 x mille, mentre in Gran Bretagna e negli Stati Uniti raggiunge percentuali molto alte nel bilancio di un ospedale; infine si è rivolta l’attenzione sugli approcci e i metodi con cui raccogliere fondi ponendo particolare attenzione alla raccolta online, e qui per me si è aperto un mondo.
Un altro incontro molto seguito e partecipato è stato proposto da Vidas, dalla dott.ssa Federica Giussani, sull’importanza del volontario nell’attività di assistenza domiciliare e sulla difficoltà di inserimento. Le norme che attualmente regolano l’attività domiciliare sono molto rigide, però l’assistenza a domicilio non può prescindere dai volontari che sono gli esperti nella relazione di aiuto e che possono offrire calore umano e capacità di ascolto a malati e familiari. Le maggiori difficoltà di inserimento derivano soprattutto da:
- mancanza di tempo tecnico
- famiglie molto diffidenti
- presenza di assistenti familiari (badante)
- crisi economica (familiari in cassa integrazione o in disoccupazione)
Per finire segnalo come altro momento di riflessione la Tavola Rotonda dal tema “Volontariato, Fondazioni, Erogatore di servizi: quale ruolo per le Organizzazioni non profit nelle Reti di Cure Palliative?”. Anche qui sono rimasta colpita dall’importanza che rivestono oggi le grandi Associazioni in qualità di Enti Erogatori di servizi e questo è un po’ il mio sogno: che anche il Samaritano, con tutta la qualità ed esperienza dei suoi volontari, possa diventare un giorno un Ente Accreditato Gestore di Servizi.
Come cornice a tutto questo, la bella città di Sorrento e la compagnia del nostro gruppo nelle serate a cena hanno poi reso ancor più piacevole e gradito il tempo da trascorrere insieme che ci ha anche permesso di conoscerci di più e di confrontarci con le nostre personali opinioni sulla qualità della vita e la qualità delle cure: il tema centrale del Congresso.
Grazie a tutti per la bella esperienza!
Giusy Bassanini, volontaria e segretaria dell’Associazione
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Il mio primo Congresso
Sono un volontario del Samaritano, ONLUS facente parte della Federazione Cure Palliative, e quest’anno ho partecipato al XXII Congresso nazionale SICP di Sorrento. È stata un’esperienza ricca di stimoli e riflessioni, ma non parlerò dell’aspetto tecnico degli interventi o delle capacità degli oratori, peraltro di ottimo livello, bensì di ciò che ho appreso. Inutile dire che molte sono le cose che mi hanno colpito e incuriosito ma vorrei mettere a fuoco i due punti per me più importanti.
Il primo è il seguente. Già al momento di ritrovo, davanti alla nostra sede di Codogno, è emerso uno spirito di condivisione, di convivialità e comunione che metteva di buonumore. Durante il viaggio ed il soggiorno poi queste sensazioni, se mai ce ne fosse stato bisogno, si sono ulteriormente rinforzate. Questa sensazione di gioia però ha indotto in me una riflessione: ma come, noi siamo qua per aiutare la gente che muore, e siamo felici! Questo ha generato in me un senso di colpa che la mente cerca di razionalizzare, ma al momento non ci riesce tanto bene; ci sto ragionando su, o come usavano dire in inglese al congresso, “working on” . Questo processo mentale è diverso nel caso ci si occupi di un famigliare o di una persona molto vicina, percéè in questo caso non riesco a percepire questo senso di “gioia” che la solidarietà trasmette. Mi piacerebbe capire meglio come la mente gestisce queste situazioni.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, per me e per molti le cure palliative erano la terapia del dolore o poco più. Ho invece capito finalmente che le cure palliative non sono solo una cura, ma un insieme di cose che migliorano la vita a chi, purtroppo, la sta perdendo. L’arteterapia con tutte le sue sfaccettature, musica, pittura, poesia, ecc… erano per me degli sterili esercizi, quasi una perdita di tempo. Non è più cosi! Il malato terminale tende ad isolarsi, forse per pudore, forse per non essere di peso o a causa dello stato d’animo generato dalla malattia. Ma cosi facendo è come se la vita stessa si accorciasse. In questo caso nessun antidolorifico per quanto efficace può dare un senso compiuto ai giorni che restano; ci vogliono motivazioni, ma di certo le motivazioni da sole non bastano. Ci vogliono anche gli antidolorifici ma soprattutto ci vuole l’amore delle persone, siano esse parenti, amici, professionisti o volontari. Quindi ben vengano quelle attività che stimolano l’interesse e distolgono la mente dalla malattia. Ciò dà al malato la voglia di fare ancora qualcosa, di pensare al dopo, di godere anche l’ultimo scampolo di vita. Tutto questo insieme di cose costituiscono le cure palliative; l’arte, con tutte le sue sfaccettature, dà una motivazione potentissima. Il vero motore di tutto ciò, però, è la persona che si dedica agli altri con tutti i mezzi di cui è capace, e tutti i mezzi sono parte della cura.
In conclusione, sono contento di aver capito qualcosa in più sulla sofferenza e sulla solidarietà. Forse non avrò capito tutto ciò che ho ascoltato e forse quel poco che ho capito l’ho anche capito male, ma una volta razionalizzato il processo mentale della “gioia-colpa” sarò maturato ancora un po’ di più.
Ringrazio tutti i partecipanti per l’ottima esperienza, e chiedo scusa a tutti quelli che ho “tediato” con le mie domande, ma io odio non sapere.
Maurizio Marinoni, volontario addetto al magazzino e ai presidii
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Mi è stata chiesta una piccola relazione dedicata alla nostra partecipazione al XXII Congresso della S.I.C.P. che, come tema generale, indicava: “Qualità della vita, qualità delle cure”.
Ringrazio innanzitutto Il Samaritano per l’occasione che ni ha dato di partecipare a questo Congresso. Vorrei precisare che la mia semplice mansione, assieme ad altri volontari, all’interno de Il Samaritano è di magazziniere, mansione questa che cerca di fornire materiali e presidii sanitari alle famiglie che si trovano, il più delle volte, in difficoltà e completamente spiazzate nell’inconsapevolezza della malattia che a cascata sta cadendo sopra di loro. A volte, anzi, spesso, chi richiede il nostro aiuto è in lacrime: quando entriamo nelle loro case… in punta di piedi, nel rispetto dei loro comprensibili silenzi, cerchiamo di ascoltare per capire quali siano le parole che si possono dire. Faccio mie quasi tutte le parole di un volontario di Treviso, collega magazziniere come me, che al Congresso diceva: “In un’ottica di solidarietà e responsabilità siamo consapevoli che con il nostro agire stiamo accompagnando in particolare i familiari dell’assistito, nel prima e nel dopo”. Personalmente mi fermerei al prima, a tutto l’aiuto che posso dare alla persona viva e sofferente. Nel dopo, essendo io un non credente, non lo posso aiutare.
Per questo Congresso, infine, posso affermare che i “piccoli” problemi logistici ed organizzativi di ogni ONLUS come “Il Samaritano” sono dovuti talvolta alla mancanza di informazioni da parte degli enti ospedalieri e dei medici di famiglia sul modo di affrontare, da parte dei parenti, il loro doloroso accompagnamento del malato oncologico nella fase terminale della sua vita.
Per quanto mi riguarda non sono stati affrontati (o lo sono stati poco) i temi più importanti per i volontari come me ed i miei colleghi di magazzino. Tutte le cose dette sono state sicuramente importantissime, ma, per quanto ci riguarda, la non competenza specifica sugli argomenti di carattere più specificatamente medico ci ha precluso la possibilità di comprendere nel dettaglio alcuni tra i temi trattati.
Ho lasciato Sorrento con la certezza che tutti i professionisti che erano con me (medici, psicologi, fisioterapisti, infermieri e volontari) sono e saranno, e spero per molto tempo, i depositari delle parole d’ordine di questo Congresso: qualità della vita, qualità delle cure.
Giuseppe, volontario addetto al magazzino e ai presidii
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Sorrento, città metropolitana di Napoli, la meta turistica per eccellenza con le sue bellezze naturali e artistiche; durante la cerimonia inaugurale del XXII Congresso Nazionale SICP siamo stati affascinati dal programma musicale con le tipiche danze sorrentine del gruppo” Sorrentinofolk”; intrattenimenti musicali stupendi.
I lavori del Congresso sono stati una bellissima esperienza che ha aiutato noi infermiere a far diventare più ricco nostro bagaglio, per la nostra crescita personale e professionale. Ringraziamo in particolare il Dott. Franchi e la Sig.ra Giusy dell’Associazione “Il Samaritano” per questa opportunità di condividere insieme a voi tutti queste belle giornate a Sorrento.
Visto che il nostro lavoro è svolto come infermiere del servizio domiciliare e nell’Hospice “Città di Codogno”, la formazione è continua attraverso lo studio e i corsi periodici di aggiornamento. Il Congresso Nazionale SICP ci ha offerto la possibilità per un aggiornamento ulteriore e un ripasso delle conoscenze . In particolare siamo state coinvolte circa il posizionamento dei cateteri venosi periferici con tecnica eco guidata a totale gestione infermieristica, il ruolo del team PICC nelle Cure Palliative, le tecniche di gestione CVC, dimostrazione di materiali, principi di posizionamento ECG guidato della punta dei PICC, formazione teorica e pratica di un PICC Team domiciliare, percorso terapeutico assistenziale per i malati affetti da scompenso cardio, infezione delle vie urinarie e appropriatezza delle scelte in Hospice, il consenso informato in Cure Palliative. Molto interessanti anche i contributi sul come favorire il rientro in patria nel fine vita, la telemedicina cardiologica palliativista, la caduta in Hospice, il riassunto delle caratteristiche del prodotto PecFent, il controllo del dolore, e sull’importanza del posizionamento PEG nel Paziente con disfagia.
Ramona Mihali e Daniela Secrieriu, infermiere Hospice “Città di Codogno”
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Da questa mia prima esperienza congressuale nell’ambito delle cure palliative, dove ho potuto confrontarmi con una collega terapista occupazionale dell’ANTEA di Roma, porto a casa alcune sollecitazioni importanti. Innanzitutto il grande potenziale della pet therapy in Hospice e le possibili integrazioni con la terapia occupazionale.
In secondo luogo, il tema, quanto mai centrale, del momento in cui è appropriato o meno sospendere le cure.
C’è poi la difficile questione della verità, della consapevolezza e della speranza del malato, perché anche in Hospice ci vuole sempre un progetto di vita.
Infine, la rinnovata consapevolezza del fatto che non c’è, in tutto il territorio nazionale, un Hospice uguale all’altro; sono una realtà sfaccettata che sempre più deve implementarsi per garantire alla persona sofferente e alla sua famiglia non solo un luogo in cui c’è ancora spazio per la vita.
Francesca Quaranta, terapista occupazionale
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Per me si è trattato della prima volta al Congresso nazionale della SICP. Da musicoterapista in formazione è stata l’occasione per rendermi conto quanto sia importante, sia per la sempre più solida definizione della disciplina musicoterapica, sia per l’importanza che questa può rivestire nell’ambito delle Cure Palliative, che il professionista in musicoterapia sia consapevole dell’ambito in cui lavora, e che abbia un solido retroterra formativo per muoversi in tale ambito. La diversità degli approcci musicoterapici è tanto vasta da lasciare disorientati coloro che desiderano capire come lavoriamo. Il Congresso, che ha fortunatamente dato modo di conoscere e confrontarsi con qualche altro musicoterapista (non molti, in verità) ha fornito la possibilità di condividere quale sia l’approccio che seguiamo in Hospice con la musicoterapia. Non certo con la pretesa di avere qualcosa da insegnare a qualcuno, ma con il desiderio di mettere in circolo saperi e conoscenze, perché ciò costituisce un’autentica linfa vitale per le discipline in costante divenire (e questa pare essere una caratteristica che accomuna la musicoterapia a tutto l’ambito delle Cure Palliative).
C’è un pensiero dietro a quello che facciamo, e recuperare il significato di questo pensiero ci aiuta a riconoscerci nel servizio che prestiamo. Questo vale, secondo me, anche per quanto riguarda l’attività del volontario, che non fa tanto per fare, ma “sa fare” e “sa stare” perché riconosce nell’altro sofferente una vita degna di cura, accompagnamento e dedizione fino alla fine. Perché fino alla fine c’è sempre una qualità, una dignità da incontrare e riconoscere come tale.
Il Congresso mi ha dato modo di ripensare anche al progetto svolto con i ragazzi nella scuola superiore circa il tema della perdita. Relazionare circa il lavoro portato avanti mi ha aiutato a “tirare le fila” e mettere a fuoco cosa si può fare di più e di meglio, con la serenità che deriva dal poter riconoscere di aver fatto un buon lavoro, grazie soprattutto a chi mi ha accompagnato e assistito nelle attività e nella preparazione delle stesse. Devo quindi a tutti un ringraziamento sincero e riconoscente per l’esperienza che possiamo accumulare con Il Samaritano, tra cui anche la partecipazione al Congresso. Porto a casa un’infinità di spunti. Per dovere di sintesi, ne riporto solo alcuni, tra loro molto vari: la valorizzazione dei nuovi mezzi di comunicazione nella diffusione della cultura delle Cure Palliative, il valore aggiunto che può dare l’attività della pet therapy in Hospice, l’importanza di sapere quanto le Cure Palliative siano conosciute nel territorio, il delicatissimo ambito delle Cure Palliative pediatriche, la cura che occorre per portare aventi un lavoro approfondito circa il buon affiatamento dell’equipe, e…. tanti altri aspetti che certamente torneranno utili lungo il percorso.
Simone Majocchi, musicologo, volontario e musicoterapista in formazione
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Il XXII Congresso SICP di Sorrento è stato un’occasione di confronto straordinaria. Abbiamo tanto da imparare da molte realtà del territorio nazionale, ma torniamo a casa anche con la consapevolezza che alcuni dei progetti e delle attività che stiamo portando avanti sono assolutamente degne, per la loro originalità e per i buoni esiti raggiunti, di inserirsi nell’ampio panorama di iniziative afferenti al mondo delle Cure Palliative in Italia. Dobbiamo riconoscerlo non certo per inorgoglirci, ma per renderci conto sempre di più che è nostro dovere migliorare ancora l’offerta di quanto proponiamo ai sofferenti e alle loro famiglie, ma anche in termini di formazione e cultura sul territorio.
Un aspetto particolare su cui ho potuto riflettere riguardo al tema “qualità della vita, qualità delle cure” è quello della qualità dello spazio. Una nuova frontiera potrebbe essere allora quella di concepire l’azione dell’abbellire gli spazi abitati da chi soffre come gesto portatore di vita, proprio laddove l’esperienza di vita di una persona sta volgendo al termine. Soprattutto per gli Hospice, questa potrebbe essere una sfida a cui dedicare i nostri sforzi futuri.
Mela Andena, terapista del colore